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Assemblea Transterritoriale Transfemminista Antispecista

Scioperiamo dall’oppressione, corpi liberi in libere terre

8 marzo: Roma. In questa azione organizzata dal gruppo ecologenere dell’assemblea romana di Non una di meno si sono voluti segnalare gli spazi di questa oppressione. L’azione si è svolta infatti nel cuore della via del Corso a Roma lasciando il segno del nostro passaggio nelle tasche dei capi di abbigliamento

Scioperiamo dall’oppressione, corpi liberi in libere terre

Ci hanno insegnato che consumo è cura. Ci hanno insegnato che consumo è benessere. Ci hanno insegnato che consumo è amore. Ci hanno insegnato che dobbiamo consumare. Attraverso lo sfruttamento  e il consumo indiscriminato di tutti i corpi viventi si rafforza l’oppressione patriarcale e capitalista. 

Non siamo noi a scegliere cosa, come e quando consumare, ma il capitale.

In una società che opprime e soffoca l’espressione libera dei corpi consumare è diventato l’imperativo nella competizione e insieme anche colpevolizzazione del “vizio”, un vizio però voluto, ricercato e imposto attraverso la manipolazione pubblicitaria. Scioperiamo dal consumare imposto dal capitalismo e ridare forza al desiderio che ispira e alimenta l’azione, il desiderio di condividere e non di possedere, il desiderio di fare comunità. Siamo corpi desideranti, capaci di grandi trasformazioni collettive. Il consumismo alimenta i dogmi di performatività dell’unica esistenza di genere possibile e inamovibile, normata e binaria. 

Ecologia, transfemminismo e antispecismo sono lotte che riconoscono una causa comune: le gerarchie di oppressione imposte da capitalismo e patriarcato, il colonialismo, i ricatti sui corpi, le discriminazioni, lo sfruttamento, l’estrattivismo  e la devastazione che ogni giorno viviamo. Non ci può essere liberazione e reale cambiamento rispetto alla crisi climatica e alle devastazioni nel pianeta se non riconosciamo di vivere in una societàil cui modello fondamentale di relazioni è quello del dominio: di classe, di genere, di specie, di etnia e provenienza. Mentre l’1% più ricco emette e consuma la totalità delle risorse, vengono diffuse false narrazioni che confondono l’opinione pubblica. 

La lente dell’intersezionalità ci porta a guardare ai nostri vari posizionamenti in quanto corpi oppressi ma anche portatori di privilegi in quanto oppressori. il modello antropocentrico che mette al centro l’umano e i suoi bisogni non ci fa riconoscere come parte di questo pianeta e continua ad imporre forme di dominio violente che stanno conducendo tutto il corpo terra e chi lo abita al disastro. Le donne,  gli animali umani e non, le persone razializzate e migranti,  le libere soggettività, non sono risorse al servizio del profitto. (dal report ecologie politiche ass naz NUDM 4 e 5 febbraio 2023) 

Il continuo processo di sfruttamento indiscriminato della natura, dei corpi umani e non, è funzionale a eliminare qualsiasi remora morale normalizzando la violenza della schiavitù e dell’oppressione. Non c’è più tempo: il tempo per agire è oggi, consumi e produzioni devono essere profondamente trasformate. É importante ripartire dai nostri desideri, rivalutare le esperienze per costruire relazioni, spazi e processi alternativi a questo modello, spazi ecotransfemministi che pratichino valori alternativi a quelli del possesso, del potere, del dominio. 

Le aziende multinazionali dell’industria tessile mercificano, sfruttano, traggono profitti inventando bisogni, imponendo tempi e velocità non richiesti per stare al passo con “la moda”, esternalizzano, impongono immaginari e quindi anche scelte sociali e culturali, determinano marginalizzazioni, esclusioni, discriminazioni. Usano corpi non conformi e non bianchi in modo esotico e solo in quanto capitalizzabile. Pretendiamo una liberazione totale dei corpi e per i corpi tutti perché nessun resti indietro NON chi fornisce con il proprio corpo materia prima, NON   chi lavora qui come in ogni altra parte del mondo per produrre e commercializzare, NON chi distribuisce, NON chi consuma 

SCIOPERIAMO DALLE dinamiche dell’INDUSTRIA DeLL’ABBIGLIAMENTO E DeLLA MODA

La moda è una questione ambientale essendo la quarta industria più inquinante al mondo, la sua economia, intrinsecamente usa e getta, si basa sullo sfruttamento della manodopera a basso costo e sostituibile, sullo sfruttamento infinito di risorse finite. Ogni anno si consumano 80 miliardi di capi e si sbarazza di altrettante 92 miliardi di tonnellate. Il 400% in più se confrontato ai numeri di vent’anni fa. Le catene di produzione sono responsabili, tra le altre cose, dell’inquinamento del 35% delle micro-plastiche circolanti nelle acque. 

La moda è una questione di genere: l’80% delle persone sfruttata nell’industria tessile sono donne*, la maggior parte di loro subiscono anche abusi e violenze sessuali. Questo succede nei principali paesi di produzione, fuori dall’Occidente, ma succede anche in Europa e in Italia. Le testimonianze dellx lavoratorx impiegatx della multinazionale Yoox, a Bologna, denunciavano recentemente violenze, discriminazioni e abusi sul posto di lavoro. Lx lavoratorx ricevono, in media, lo 0,6% del prezzo finale per ogni abito cucito, il 93% di loro guadagnano meno di €0,50 l’ora, con turni dalle 14 alle 16 ore giornaliere. 

L’industria dell’abbigliamento e la moda sono una questione di specie: l’utilizzo di pelle, pellicce, piume, lana e seta e altri derivati da animali è legata a doppio filo con l’industria della carne. Infatti, favorendo o addirittura prevedendo la macellazione come atto finale, questi due settori influenzano e aumentano l’offerta e la vendita, quindi i profitti, di tutti i prodotti derivanti dall’utilizzo dei corpi degli altri animali invisibilizzando completamente i processi che portano al prodotto finale. 

L’industria si occupa di evitare accuratamente la presa di coscienza e la consapevolezza dellu consumatoru e nasconde accuratamente  quanto questi processi determinano: enormi e brutali sofferenze nei corpi, l’ingabbiamento che nega qualsiasi forma di vita libera, la riproduzione imposta selezionata e geneticamente controllata, l’uso di farmaci o alimentazioni in grado di garantire l’estetica finale del prodotto, le ferite, le mutilazioni, le uccisioni,senza contare le conseguenze in termini di patologie anche gravi sui corpi di chi lavora in questi processi e sulle terre in cui queste lavorazioni avvengono(dai mattatoi, alle concerie, ai rifiuti tossici, alle respirazioni di agenti chimici, …. ). L’industria della moda cerca di fare anche sfoggio delle cosiddette pratiche sostenibili ma che sostenibili non sono affatto. 


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